L’ “Incomparabile” e il fascino dell’archeologia

 

Cicogne sulle mura perimetrali dell'Incomparabile

Cicogne sulle mura perimetrali dell’Incomparabile

Grande fu la sorpresa quando, oltrepassata Bab Berrima (bab in arabo significa porta) e svoltando a destra, mi ritrovai con il naso in su e vidi, sulle mura di cinta dell’“Incomparabile”, niente di meno che bellissime cicogne e i loro nidi costruiti con pagliuzze e rametti. Questi uccelli, dei quali fino all’età di quarant’anni avevo sentito parlare solo per la nota favola, ma mai avevo visto dal vivo, sono enormi essendo alti circa 1,00 m e avendo un’apertura alare fino a 2,00 m. Hanno corpo bianco e ali nere. Sono definiti “uccelli trampolieri” per via delle lunghe e sottili zampe, rosso-arancio, con dita palmate che servono per appoggiarsi sul fondo degli specchi d’acqua. Hanno il becco dritto e appuntito, che è più lungo della testa e che sbattono per comunicare e per corteggiarsi, producendo un suono simile a un “toc-toc”.

Probabilmente la posizione che assumono quando si riposano, simile a quella della preghiera, ha contribuito a rendere questi affascinanti uccelli sacri nel mondo arabo. Sono molto apprezzati dai contadini, che li ritengono di buon augurio. I vecchi giordani chiamano la cicognaAbu-Sa’d” (Il Beato, Il Portafortuna) e secondo una vecchia leggenda berbera questi volatili sarebbero in realtà uomini trasformati.

Nel loro tragitto autunnale di migrazione, percorrendo la cosiddetta “rotta di Gibilterra”, partono dall’Olanda e, passando attraverso l’Europa, raggiungono l’Africa del Niger, Senegal, Nigeria, Mali e Ciad. E allora mi chiesi, guardandole, cosa ci fanno a Marrakech? Qualcuno dice che si siano fermate qui, perdendo l’orientamento a causa delle luci e dei rumori della città. Io voglio pensare, invece, che lo abbiamo fatto attratte da una città così piena di magia da avergli riservato anche un rifugio, dove gli esemplari feriti possono venir curati: il Dar Bellarj (bellarj in arabo significa, appunto, cicogna). Oggi chi molesta una cicogna può andare incontro a una pena detentiva di tre mesi!!!!

Dopo averle fotografate percorsi fino in fondo Rue de Berrima, strada che prende il nome dalla porta omonima, “costretta” tra le mura di cinta della città a nord e quelle perimetrali del Palazzo El Badi a sud. Qui trovai la biglietteria per accedervi (10 dirham). L’antico portone principale crollò nei secoli passati e da uno squarcio nei bastioni in pisè mi ritrovai catapultata nel 1700 circa, anno in cui il sultano Moulay Ismail, della dinastia alauita, terminò l’abbattimento e la spoliazione di questa grande residenza, per erigere i suoi colossali edifici nella città imperiale di Meknes.

Albero di frutta all'interno di uno dei giardini

Albero di frutta all’interno di uno dei giardini “incassati”

Il sultano saadita Ahmad al- Mansur detto “il Dorato” volle costruire, alla fine del XVI secolo, un grandioso palazzo adiacente ai suoi appartamenti privati, destinato alle feste e alle udienze ufficiali. Il fulcro del palazzo è un enorme cortile, lungo 135 e largo 110 m, al centro del quale vi è una grande piscina rettangolare (90 x 20 m) fiancheggiata da quattro giardini incassati pieni di fiori profumati e di alberi. Intorno ad esso si sviluppano diversi padiglioni, dei quali restano poche vestigia, che contenevano complessivamente 360 stanze ornate da onice indiano, stucchi e foglie d’oro (proveniente da Timboctu, conquistata nel 1598), marmi italiani, granito irlandese, zelij ecc…I riscatti pagati dai nobili lusitani, presi prigionieri nella celebre battaglia dei Tre Re (4 agosto 1578), servirono, inizialmente, a finanziarlo. L’architetto fu forse andaluso, ma non si può escludere che ai lavori avessero partecipato anche artisti europei. Le sue proporzioni e la sua opulenza furono tali da meritargli il titolo di “El Badil’“Incomparabile”, che è anche uno dei 99 nomi di Allah. Narra la leggenda che il giullare di corte, durante la sua costruzione, disse: “Diventerà una bellissima rovina”. Prevedendo il futuro, l’opera si interruppe con la morte del sultano Ahmad al- Mansur nel 1603 e circa dieci anni dopo iniziò la sua demolizione.

Il cortile centrale

Il cortile centrale

Posto nella parte meridionale della caotica Medina, il luogo era piuttosto silenzioso e quasi deserto. Appena entrai mi si aprì di fronte l’enorme cortile centrale assolato. Le antiche rovine hanno esercitato da sempre su di me un fascino particolare, reputandole testimoni incorruttibili della storia. Rimasi affascinata da questo luogo solenne, nel quale i pochi resti sopravvissuti all’ira distruttrice del sultano Moulay Ismail, emanavano in maniera così potente i fasti del passato. Egli, quindi, riuscì a scalfire solo la memoria materiale del suo predecessore. Durante la visita fui accompagnata dal suono che le cicogne producono con il loro sbatter di becco e dal loro volteggiare sopra di me planando poi dolcemente nella grande piscina per mangiare e rinfrescarsi. Visitai anche i resti dell’hammam di cui si conserva parte della decorazione ceramica, i sotterranei con le prigioni e la sala contenente l’antico minbar della moschea Koutoubia, costruito in legno di cedro decorato con intarsi in oro e argento (pulpito del XII secolo; biglietto supplementare di 10 dirham, non si possono scattare foto). Prima di uscire salii, attraverso una scala decorata con zelij, sul bastione a sinistra dell’entrata, dove potei ammirare la catena montuosa dell’Atlante, i tetti della Medina e il cortile centrale sorvegliato costantemente dalle cicogne, guardiane solerti che preservano il passato e controllano il presente dell’“Incomparabile”.

Album con foto.

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Cicogne nella grande piscina rettangolare

Cicogne nella grande piscina rettangolare

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